Questa settimana sono intervenuta in Commissione Affari Costituzionali sull'importantissimo ed attuale tema delle riforme previste dal Disegno di Legge Costituzionale del Governo riguardante il superamento del bicameralismo perfetto, la revisione del titolo V della Costituzione e la riduzione del numero dei parlamentari, poiché ho presentato il 22 maggio 2013 un Disegno di Legge Costituzionale per la riforma di alcuni aspetti della seconda parte della Costituzione: "Quorum Zero e Più Democrazia. Si tratta di una proposta di Iniziativa popolare presente tra i 10 punti del M5S e depositata con 50 mila firme nella scorsa legislatura, ma completamente ignorata.
In primo luogo, nel mio intervento ho evidenziato come la riforma del
Governo sia un tentativo del Presidente del Consiglio Renzi di ridurre
ulteriormente i già esigui margini di controllo dei cittadini sull'attività
politica e se fossimo in un paese normale non si darebbe ad un Parlamento
esplicitamente delegittimato dalla sentenza numero 1/2014 della Corte
Costituzionale la possibilità di fare le riforme costituzionali. Il Governo sta,
infatti, strumentalizzando l'emergenza dettata dalla grave crisi economica del
Paese e la giustificata insofferenza dei cittadini, per affrettare i tempi
della legislazione, proponendo una riforma che non elimina il Senato, bensì lo
svuota di qualsiasi prerogativa, riducendolo ad una Camera di non eletti dal
popolo, incapace ad esercitare funzione di controllo sull'operato del Governo.
Fatte queste dovute premesse ho espresso con pieno
convincimento la necessità che la Riforma della Seconda Parte della
Costituzione vada,invece, nella direzione diametralmente opposta a quella
proposta da Renzi, abbracciando ben altri aspetti, contenuti nel Disegno di
Legge a mia prima firma n. 702: garanzia del diritto dei cittadini di veder
discusse le proprie leggi in Parlamento, assicurando alle leggi di iniziativa
popolare pari dignità, introduzione del principio della revoca degli eletti che
non rispettano gli impegni presi ed estensione dei diritti referendari,
mediante l'introduzione dei referendum confermativi e propositivi e
l'eliminazione del quorum.
Di seguito il mio intervento integrale.
dopo aver, nelle ultime settimane, ascoltato solo annunci ed assistito
a continui rinvii, oggi si inizia a discutere anche in Parlamento della
modifica della seconda parte della Costituzione, potendo finalmente far
riferimento ad un testo ufficiale e definito.
Sul disegno di Legge Costituzionale del Governo, fin dalle
prime indiscrezioni di stampa, abbiamo espresso la nostra netta contrarietà.
Innanzitutto perché riteniamo che se fossimo in un paese normale non si darebbe
ad un Parlamento esplicitamente delegittimato dalla sentenza numero 1/2014
della Corte Costituzionale la possibilità di fare le riforme costituzionali.
In secondo luogo perché una riforma della seconda parte della
Costituzione impostata sul monocameralismo, sull’accentramento della
organizzazione amministrativa e sul rafforzamento dei poteri dell’Esecutivo e
quindi di riflesso del Presidente del Consiglio, non può non definirsi “autoritaria”.
Quella di cui stiamo discutendo è una finta riforma, proposta
da un Presidente del Consiglio anagraficamente giovane ma politicamente
vecchio, che con questo disegno di legge costituzionale, assieme all’Italicum
che dovremmo tra poche settimane anche discutere, vuole raggiungere un unico
obiettivo: far diventare ancor di più la politica uno spazio chiuso, riducendo
ulteriormente i già esigui margini di controllo dell’attività politica da parte
dei cittadini.
Il Governo sta strumentalizzando la giustificata rabbia ed
insofferenza degli italiani a causa dell’immobilismo ventennale della classe
politica, per fare in fretta e furia una riforma della seconda parte della
Costituzione che non eliminerebbe il Senato (come viene invece erroneamente
detto dai mezzi di informazione), ma lo svuoterebbe sostanzialmente di
qualsiasi prerogativa, declassandolo a Camera secondaria.
Molti aspetti di questo testo fanno riflettere, ma vi invito
colleghi a soffermarvi sulla modifica che si vorrebbe apportare all’articolo 70
della nostra Carta. Nel nuovo comma 3 dell’articolo si prevede di inserire che
“ ogni disegno di legge approvato dalla Camera dei deputati è immediatamente
trasmesso al Senato delle Autonomie che, entro dieci giorni, su richiesta di un
terzo dei suoi componenti può disporre di esaminarlo”.
La riflessione è sulla parola “ disporre” che sembra faccia
intendere come una semplice richiesta della minoranza non sia sufficiente per
poter esaminare un provvedimento, ma occorra invece una deliberazione ad hoc
dell’assemblea affinché ciò possa avvenire.
Si tratta di un dubbio lessicale che va sciolto
in quanto potrebbe incidere notevolmente sull'ambito di azione del Senato. Nel
caso sia sufficiente la richiesta potrebbe essere teoricamente amplissimo, nel
caso della deliberazione potrebbe invece essere praticamente nullo il potere
delle minoranze di far pronunciare il Senato sulla Proposta di Legge prodotta
dalla maggioranza dell'altra Camera.
Come accennavo prima, verrebbe inoltre
fortemente ridimensionato il potere
effettivo di controllo e di inchiesta del Parlamento perché tale potere rimane
affidato solo alla Camera dei Deputati che sarà, a causa dell’Italicum e al
fatto di essere l’unica ad esprimere la fiducia all’Esecutivo, un organo
fortemente allineato al Governo.
Un Governo, inoltre, che vedrebbe fortemente
ampliati i propri poteri. Oltre ai già conosciuti ed abusati decreti legge,
si aggiungerebbero infatti i disegni
di legge definiti "urgenti" dal Governo che verrebbero posti in
votazione entro data certa, e senza esame e discussione degli emendamenti.
Questo ulteriore accentramento rappresenterebbe la morte definitiva della
nostra repubblica parlamentare.
La riforma della seconda parte
della Costituzione dovrebbe, invece, a nostro avviso andare nella direzione
opposta, soprattutto in momento storico come quello attuale fortemente delicato
sia dal punto di vista economico che politico, abbracciando ben altri aspetti:
assicurare il diritto ai cittadini di proporre e veder discusse le proprie
leggi in Parlamento, riconoscendo alle leggi di iniziativa popolari pari
dignità e possibilità di essere discusse in Parlamento; introdurre il principio
della revoca degli eletti che consentirebbe ai cittadini-elettori di sfiduciare
e sostituire il rappresentante eletto in qualsiasi momento del mandato qualora
non ottemperi agli impegni presi con gli elettori; estendere i diritti referendari, mediante
l’introduzione del referendum confermativo che permetterebbe ai cittadini,
qualora lo ritengano necessario, di esprimersi sull’effettiva entrata in vigore
delle leggi approvate dal Parlamento, nonché del referendum propositivo che
consentirebbe ai cittadini di esprimersi su una proposta di legge di un
Comitato Promotore e di obbligare il legislatore a dare attuazione alla proposta
entro un lasso di tempo; eliminare l’ostacolo del quorum quando i cittadini
sono chiamati ad esprimersi e prendere una decisione tramite lo strumento del
referendum.
Novità che abbiamo proposto in un
Disegno di Legge a mia prima firma, il numero 702 che, se introdotte,
rappresenterebbero una svolta epocale, il vero cambiamento, l’affermazione
della politica come partecipazione e non come campo di azione e decisione dei
poteri forti, direzione verso cui questo
testo sembra invece inequivocabilmente andare.