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mercoledì 8 gennaio 2014

L'ILLUSTRAZIONE DELL'EMENDAMENTO 4.9 FATTA OGGI IN AULA CONTRO LA SVENDITA DELLA BANCA D'ITALIA A ISTITUTI DI CREDITO, ASSICURAZIONI E FONDI DI INVESTIMENTO ESTERI




Presidente, Rappresentante del Governo, Colleghi

nel corso della discussione generale il nostro gruppo ha più volte ribadito la netta contrarietà a quanto deciso dal Governo in questo decreto legge sul futuro assetto della Banca d’Italia.

Il Movimento Cinque Stelle non può accettare la trasformazione della nostra banca centrale in una società ad azionariato privato diffuso. Non possiamo consentire che – secondo quanto previsto nel provvedimento all’esame oggi – la stessa Banca d’Italia possa distribuire ai banchieri privati, sottraendoli alle casse dello Stato, utili fino a 450 milioni di euro all’anno e cioè fino al 6 % del nuovo capitale sociale, fissato a 7,5 miliardi di euro.

il Movimento Cinque Stelle e ciascun cittadino responsabile non può condividere il fatto che le quote che dovevano passare allo Stato, come stabilito nella Legge inattuata del 2005, attualmente possedute da gruppi italiani  siano vendute un domani a soggetti extracomunitari. Sulla base di questa necessaria premessa, con l’emendamento 4.9 proponiamo che la Banca d’Italia, istituto di diritto pubblico, rimanga indipendente nell’esercizio dei suoi poteri e nella gestione delle sue finanze e che le singole quote nominative di partecipazione al nuovo capitale siano di 20.000 euro e appartengano solo ed esclusivamente ad Amministrazioni Pubbliche.

L’emendamento stabilisce che ciascun partecipante non possa direttamente ed indirettamente possedere una quota del capitale superiore al 5% e che per le quote in eccesso non venga riconosciuto alcun diritto di voto, prevedendo, inoltre, che i relativi dividendi siano eventualmente assegnati alle riserve statutarie della Banca d’Italia.
Per i partecipanti alle quote del capitale chiediamo che siano distribuiti annualmente dividendi per un importo non superiore ad una percentuale del capitale sociale della Banca stessa e pari al tasso medio ponderato riconosciuto sui titoli del debito pubblico di durata non superiore ad un anno.

Sono sicuramente delle proposte finalizzate ad evitare che la nostra Banca Centrale, già fortemente debole si indebolisca maggiormente all’interno di un sistema bancario europeo che ha sottratto ai Paesi aderenti la Sovranità monetaria, disconoscendo che la moneta, essendo all’atto della sua emissione di proprietà dei cittadini, dovrebbe essere accreditata dalla Banca centrale allo Stato
Ebbene sono proposte per evitare che la Nostra Banca Centrale sia ulteriormente indebolita nell’esercizio delle sue funzioni di vigilanza, divenendo sempre di più assoggettata ai mutevoli assetti societari del settore bancario privato e recuperi invece quel ruolo fondamentale di indirizzo e controllo dell’economia che le compete.
Vi invito colleghi nella fretta della votazione di prestare attenzione a questo emendamento 4.9 che corrisponde nei contenuti ad affermazioni fatte da molti di voi oggi in quest’aula.  

Di seguito il testo dell'emendamento:
 
4.9
PEPE, VACCIANO, MOLINARI, BOTTICI  BLUNDO
Sostituire l'articolo con il seguente:
        «Art. 4. - (Capitale della Banca d'Italia). – 1. La Banca d'Italia istituto di diritto pubblico, è la banca centrale della Repubblica italiana, è parte integrante del Sistema Europeo di Banche Centrali ed è autorità nazionale competente nel meccanismo di vigilanza unico di cui all'articolo 6 del Regolamento (VE) n. 1024/2013 del Consiglio del 15 ottobre 2013. È indipendente nell'esercizio dei suoi poteri e nella gestione delle sue finanze.
        2. La Banca d'Italia è autorizzata ad aumentare il proprio capitale mediante utilizzo delle riserve statutarie all'importo di euro 7.500.000.000; a seguito dell'aumento il capitale è rappresentato da quote nominative di partecipazione di euro 20.000 ciascuna.
        3. Ai partecipanti possono essere distribuiti esclusivamente dividendi annuali) a valere sugli utili netti, per un importo non superiore a una percentuale del capitale sociale pari al tasso medio ponderato riconosciuto sui Titoli del Debito Pubblico con durata non superiore all'anno, emessi nell'anno solare precedente dallo Stato Italiano.
        4. Le quote di partecipazione al capitale possono appartenere solamente ad Amministrazioni Pubbliche.
        5. Ciascun partecipante non può possedere, direttamente o indirettamente, una quota del capitale superiore al 5 per cento. Per le quote possedute in eccesso non spetta il diritto di voto ed i relativi dividendi sono imputati alle riserve statutarie della Banca d'Italia.
        6. La Banca d'Italia al fine di favorire il rispetto dei limiti di partecipazione al proprio capitale fissati al comma 5) può acquistare temporaneamente le proprie quote di partecipazione e stipulare contratti aventi ad oggetto le medesime. Tali operazioni sono autorizzate dal Consiglio Superiore con il parere favorevole del Collegio Sindacale ed effettuate con i soggetti appartenenti alle categorie di cui al comma 4, con modalità tali da assicurare trasparenza e parità di trattamento. Per il periodo di tempo limitato in cui le quote restano nella disponibilità della Banca d'Italia, il relativo diritto di voto è sospeso e i dividendi sono imputati alle riserve statutarie della Banca d'Italia».



  




 

giovedì 18 luglio 2013

IL GOVERNO LETTA DEVE FERMARE LA COSTRUZIONE DEL METANODOTTO SULMONA - FOLIGNO.


Ieri sono intervenuta in Aula al Senato sul progetto di costruzione da parte della Società SNAM Rete Gas del metanodotto Sulmona-Foligno. Un'opera che costituirebbe l'ennesimo scempio ambientale perpetrato ai danni del territorio e dei cittadini abruzzesi. Di seguito il testo ed il video del mio intervento.

Presidente, Colleghi
prendo brevemente la parola per evidenziare il grave scempio ambientale che si attuerebbe ai danni dei cittadini abruzzesi, qualora la società Snam Rete Gas realizzasse il metanodotto Sulmona - Foligno, un tubo  di 167,7 chilometri, 1,20 metri di diametro e 6 metri di profondità con centrale di compressione a Sulmona.

Un progetto che, oltre a richiedere uno scavo di 40 metri, riguarderebbe molti comuni dell'Aquila: Pizzoli, Barete, Cagnano, Montereale, Barisciano, San Demetrio, San Pio delle Camere, Fagnano e appunto Sulmona. Stiamo parlando di un'area del paese caratterizzata dalla presenza di faglie ad alto rischio sismico, fattore che fa inevitabilmente ed esponenzialmente aumentare i rischi in caso di realizzazione del metanodotto.  

In questi quattro anni la costruzione di quest'opera è stata ostacolata con determinazione dai comitati di cittadini, dalle associazioni e dai sindaci, in quanto attraverserebbe il Parco Nazionale del Gran Sasso e i Monti della Laga, oltre a cinque zone a protezione speciale e di interesse comunitario. Proteste che hanno indotto la Regione Abruzzo all'emanazione di una Legge Regionale, la n. 28 del 19 giugno 2012, con la quale si modificava unilateralmente la disciplina precedente in fatto di competenze regionali sulla localizzazione e realizzazione di oleodotti e gasdotti nelle zone sismiche.

Il giorno 10 Luglio, accogliendo il ricorso presentato dal Governo, la Consulta ha dichiarato l'incostituzionalità di questa Legge, richiamandosi alla natura concorrente della potestà legislativa sulla materia.

E' il caso di ricordare però che il deposito sotterraneo di  gas di Rivara (MO) è stato cancellato dal Governo nazionale dopo che la Regione Emilia-Romagna, in base al principio di precauzione e non ad una norma regionale, ha negato l'intesa, un mese prima del sisma.

Quattro anni di battaglie dei cittadini e amministrazioni locali abruzzesi rischiano, invece, di andare perdute, anche se sono in gioco valori fondamentali per la vita della nostra comunità, come il diritto alla salute, il diritto alla sicurezza. Eppure la tutela ambientale e del territorio dovrebbe rappresentare una delle priorità del Governo, di un governo che si dice  interessato al bene del Paese.

Ecco perché da quest'aula chiedo all'Esecutivo di aprire un tavolo di dialogo e confronto con le associazioni ed i comitati di cittadini abruzzesi che si sono schierati e si schierano contro la realizzazione di quest'opera,  per ascoltare e comprendere le motivazioni del rifiuto.

Non possiamo decidere nei Palazzi ciò che è strategico per un territorio ed i suoi cittadini né possiamo subordinare ad interessi estranei al territorio la devastazione dello stesso.
Strategica per qualsiasi Governo, di qualsiasi colore politico, deve invece essere la tutela del territorio e la incessante difesa della bellezza dei paesaggi e dei nostri Parchi Naturali.